Fu tempo nostro

Fotografie di Gianfranco Bini

Biblioteca di Città Studi, 13 ottobre – 11 novembre  2017

La mostra “Fu tempo nostro” è dedicata a Gianfranco Bini, l’indimenticato fotografo e poeta degli ultimi “resistenti” della montagna, a cinque anni dalla scomparsa.

La mostra si inserisce nel ricco calendario di eventi proposto dal Cai di Biella e dalla Fondazione Sella per celebrare i 30 anni di Mountain Wilderness, nata in città il 31 ottobre del 1987.

Le immagini in esposizione sono state scelte da Giuseppe Simonetti, allievo di Gianfranco Bini, che scrive:

Lontano nel tempo, ma non nella memoria, riaffiora il racconto delle serate invernali passate nel locale più spazioso e più tiepido del quale si potesse disporre: la stalla. C’era chi intagliava il bastone o un piccolo gioco da donare, chi filava e chi raccontava storie a cavallo tra fantasia e realtà, e sovente la fantasia era raccontata con tanta convinzione da essere accettata come reale. Io, soltanto pronipote di contadini, ho visto quel mondo mentre si stava allontanando per sempre.
Mi correggo: mentre stava cambiando così tanto da sembrare una storia diversa. Andava documentato per ricordarlo com’era prima, e per fortuna qualcuno l’ha fatto.
Ho conosciuto Gianfranco Bini mentre stava finendo uno dei libri che più l’aveva impegnato: “Solo le pietre sanno”.
Aveva intuito il cambiamento e aveva iniziato a fotografare quella gente dopo averne conquistata l’amicizia, dopo averla vista sui pascoli mentre saliva sul gruppo del Rosa per qualche escursione e aver cominciato a frequentarla.
Tanti i nomi da ricordare, tanti amici appartenuti a quell’Attimo Fuggente che Bini, mentre ancora fotografava il grano battuto a mano o il fieno tagliato con la falce già aveva chiamato “Fu tempo nostro”.
Nacque così una mostra composta da novanta pannelli di un metro di lato, incorniciati con il Cedro Rosso che la maestra Rosa Glarey scolpì a mano nella sua casa di Champorcher già piena di scritti, bastoni e sgabelli intagliati. Qualche volta passo a trovarla, lei c’è ancora, una dei pochi Ultimi che hanno fatto parte di quella cultura e ne conservano i segreti.
Ho accompagnato Gianfranco per quasi quarant’anni, e quel mondo, quel tempo mi sono rimasti sulla pelle.
Ricordare Lui e gli Ultimi non vuol essere malinconia, ma una finestra su di una storia appena sfumata, sul gran sentiero della nostra vita.

La mostra dialoga con la proposta di lettura “Letture e visioni d’alta quota”, disponibile anche in e-book su MediaLibraryOnLine.